Fonti: IL POST, STATISTA, DEVEX, El PAIS, RELIEFWEB, UN
Premessa
L’esodo dei migranti venezuelani verso la Colombia, il Brasile e tutto il Sud America è comparabile con la crisi migratoria provocata dalla guerra civile in Siria.
Il Venezuela fino a non molti anni fa era un Paese a stampo relativamente democratico: da sempre ricco di giacimenti petroliferi e meta delle rotte migratorie provenienti dagli altri stati sudamericani ed europei, favorite anche dall’assenza di dittature e crisi che caratterizzarono (e caratterizzano tutt’ora) il resto del continente latino-americano.
A partire dagli anni ’80, l’aggravarsi della crisi finanziaria e della situazione di instabilità politica generatesi a partire dalla lenta caduta della IV repubblica, dalla rivoluzione bolivariana, dall’entrata in carica di Hugo Chavez nel 1999 e di Nicolas Maduro nel 2013, hanno determinato una spinta migratoria che si è andata ad acuire nel corso degli anni raggiungendo l’apice nel 2014.
A causa delle violenze e della forte inflazione, con le conseguenti difficoltà a reperire beni primari, usufruire di cure mediche e poter comprare medicinali, gran parte della popolazione ha deciso di abbandonare il Venezuela.
I primi ad intraprendere il viaggio sono stati i più facoltosi: con voli internazionali sono giunti a destinazioni più sicure dove potersi ricostruire una carriera e riunire le proprie famiglie.
La maggior parte della popolazione che si è trovata all’interno di questa grande crisi non possiede abbastanza risorse per potersi permettere un biglietto aereo e ha deciso di abbandonare il Paese con autobus o addirittura a piedi, per cercare migliori condizioni di vita, affrontando rotte molto pericolose.
Secondo i dati dell’UNHCR aggiornati al 2020, sono circa 5 milioni i rifugiati e migranti venezuelani che hanno abbandonato il loro Paese. Secondo i dati dell’Ufficio Migrazione colombiano il numero dei rifugiati venezuelani nella sola Colombia sarebbe di 1 milione 825 mila (febbraio 2020).
La situazione oggi
Il Venezuela, a maggio 2020, aveva i dati più bassi di contagio da Covid-19 di tutti i Paesi del Latino America, possibile conseguenza dell’isolamento nazionale determinato dalla crisi economica.
La situazione precaria generata dalla pandemia è un problema che si abbatte in particolar modo sulla popolazione meno abbiente: non potendo rimanere a casa senza lavorare, non può rispettare le misure di sicurezza e distanziamento sociale, subendo le conseguenze peggiori del lockdown e del fragile sistema sanitario.
In questa situazione estremamente difficile, che genera instabilità sociale e precarietà economica, i più vulnerabili corrono il rischio di essere esposti a stigmatizzazione sociale, violenza di genere, sfruttamento e abuso. Numerose persone, a causa delle misure di isolamento non riescono più a guadagnarsi da vivere.
A causa del lockdown molti Paesi hanno chiuso le frontiere. Per questo molti migranti scelgono di ritornare in Venezuela in modo irregolare e pericoloso, poiché in tal modo avrebbero almeno la possibilità di accedere ai servizi dello stato e di ricongiungersi con i loro parenti.
Il rappresentante dell’ONU Eduardo Stein ha affermato che un gran numero di migranti venezuelani oggi ha difficoltà a sopravvivere in queste condizioni.
In un report della piattaforma R4V si afferma che molte persone non sono in grado di far fronte alle loro necessità di base, a rispettare le misure di quarantena ed inoltre, trovandosi in condizione di irregolarità, non possono usufruire delle cure mediche del servizio sanitario nazionale e dei benefici delle misure statali di protezione sociale.
Tra le varie conseguenze negative del diffondersi del COVID-19 c’è stata quella della riduzione dell’intervento degli aiuti umanitari che operavano sul confine venezuelano a meno di 1/3 della loro normale attività. I finanziamenti per i programmi di aiuto in corso sono stati ridotti ed il piano di aiuto regionale dell’ONU per assistere i rifugiati venezuelani ha ricevuto solo il 3% dei fondi che erano stati richiesti.
A livello internazionale viene richiesto di continuare a fornire gli aiuti umanitari. In stretto coordinamento con l’OMS-PAHO (Pan American Health Organization), R4V collabora anche con le autorità nazionali e locali per affrontare le criticità e fornire supporto di base ai rifugiati e ai migranti venezuelani, nonché alle comunità ospitanti.
Mentre le misure di allontanamento fisico vengono mantenute, le organizzazioni che forniscono aiuti stanno implementando una serie di attività volte ad assicurare a coloro che arrivano dal Venezuela, l’accesso ai beni e ai servizi primari, nei luoghi in cui si trovano.
Giulia Parodi