Il 24 novembre ho partecipato ad un interessante convegno. Si è parlato di confini.
Il focus è stato principalmente riferito alla Regione FVG, ma non sono mancate digressioni storiche e politico-sociali.
Non ho potuto fare a meno di ripensare ai miei viaggi, alle persone che ho conosciuto in questi anni, a quelle che sto continuando a conoscere e alle loro storie. Storie spesso legate a spostamenti, migrazioni, difficoltà ed opportunità.
Il concetto di confine è estremamente complesso. Non è statico. La dinamicità lo caratterizza sia nello spazio che nel tempo. Ciò che era un confine ieri, potrebbe non esserlo oggi. O potrebbe non esserlo per tutt*.
Si è parlato anche del concetto di “forza” dei passaporti: non tutti i passaporti, e in definitiva non tutte le persone, hanno la stessa libertà di spostarsi da un posto ad un altro.
I limiti possono essere molti: principalmente quelli diplomatico/burocratici, successivamente quelli economici e per ultimi quelli geografici.
Spostarsi non è mai facile. Chi si sposta, chi migra, lo fa per ragioni diversissime.
In Colombia ho visto e conosciuto vittime del conflitto armato, nonché migranti venezuelani in Ecuador. In entrambi i casi le ragioni della migrazione erano differenti, ma ugualmente traumatiche per i soggetti coinvolti. Cambiare stato significa nella quasi totalità dei casi ripartire da zero in un luogo e in una culture sconosciute e spesso ostili.
Sono convinto che i confini siano delle linee immaginarie. Linee che demarcano differenze. Differenze che arrichiscono chi le sa vedere, chi è capace di ascoltare, chi è disposto a mettersi con estrema umiltà nei panni dell’altro per provare a condividerne emozioni, difficoltà, speranze e ambizioni.
La diversità arrichisce.
L’ignoranza è cieca.